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Strategie dei manager «Delocalizzare? Sì, a Brescia»

di Franco Vergnano

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7 ottobre 2009

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«È forse superfluo – chiosa Batisti – ma vale la pena sottolineare che, visto il livello qualitativo dei nostri macchinari, abbiamo investito parecchio nella formazione professionale, oltre che in ricerca seguendo lo sperimentato sistema giapponese del kaizen, cioè del miglioramento continuo. Inoltre nel Bresciano abbiamo trovato ottimi fornitori, un elemento chiave per superare la crisi. Oltre alla qualità dei numerosi componenti che acquistiamo in loco, riusciamo anche a sviluppare insieme ai nostri partner nuovi prototipi, contenendo così le spese di sviluppo».

Niente male per una società che ha saputo conquistarsi un ottimo posizionamento a livello internazionale esportando in tutto il mondo macchine utensili e robot con prezzi che oscillano tra uno e tre milioni di euro in un settore dove i macchinari di questo tipo spesso risultano molto più onerosi.
Ma tra le ragioni del successo indicate da Battisti ci sono altri elementi: «Siamo presenti con le nostre macchine in Usa, in Cina, in Russia, in Germania e sugli altri principali mercati industriali avanzati. Noi oggi serviamo un tipo di clientela particolare, specializzata nelle lavorazioni aeronautiche, navalmeccaniche, nelle energie innovativo e nei mezzi per il movimento terra. Si tratta di società molto esigenti, ma soprattutto di aziende che necessitano di assistenza continua: visto che i nostri robot sono talmente sofisticati che risultano sostenuti da un velo di olio a pressione, richiedono manutenzioni programmate così da rispettare tolleranze severe. Siamo in grado di fornire macchinari - cosa particolarmente apprezzata dai nostri committenti - che svolgono contemporaneamente due lavorazioni tra loro diverse. Infatti, oltre a fresare le superfici piane, siamo riusciti a piazzare sulla medesima piattaforma anche un'alesatrice in grado di effettuare buchi in verticale».

C'è un ultimo segreto che Batisti racconta volentieri e vale come principio per l'intera categoria: «Come manager mi hanno insegnato ad ascoltare. Tutti lo dicono, ma pochi lo fanno veramente. Io non ho carte sulla mia scrivania. Meno rapporti vedo e meglio sto. Però non mi stanco mai di guardare il mercato, anche i piccoli movimenti, elemento che ci ha permesso di giocare d'anticipo sulla crisi. Vado sovente a trovare i miei concorrenti che, magari a loro insaputa, ogni volta mi insegnano qualche cosa di nuovo. Passo molto tempo alle rassegne commerciali e in questi giorni alla Emo di Milano, dove espongo un macchinario fiammante, sono venuti a trovarmi numerosi acquirenti. Spesso, però, vado io nelle loro fabbriche. È così che mi rendo veramente conto di quello che serve ai miei clienti. Anche perché, appena ritorno in fabbrica, ricomincio ad ascoltare manager e operai specializzati. Solo così riesco a decidere».

7 ottobre 2009
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